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Fiscalità Generale

La Costituzione, come è logico, prevede che ogni cittadino debba concorrere alle spese di gestione del complesso apparato statale, in rapporto alle proprie capacità  contributive.

In quest’ottica, la soluzione più equa  e razionale sembra essere quella di assoggettare ad imposte dirette nazionali i redditi di qualsiasi natura e provenienza, prodotti da attività svolte sul territorio nazionale, secondo aliquote progressive, che comunque non superino, complessivamente, la soglia del 33% del reddito imponibile, eliminando, per quanto possibile, quelle indirette; questo sia per dare un quadro di riferimento chiaro e certo della contribuzione personale di ciascun cittadino, sia per il recupero di una maggiore equità fiscale, in quanto le imposte indirette incidono in misura uguale su tutti i cittadini, abbienti o meno.

A proposito della imposizione diretta, sarebbe opportuno basare la stessa sul quoziente reddituale pro capite del nucleo familiare, a fronte di una dichiarazione annuale unica per ciascun nucleo familiare, in modo da spalmare il reddito familiare complessivo sul numero dei suoi componenti, da tassare poi singolarmente con le aliquote progressive di cui innanzi, a fronte dell’abolizione delle varie voci di deduzione e/o detrazioni oggi previste nella dichiarazione annuale dei redditi.

L’introduzione di una impostazione del genere  nel sistema fiscale nazionale, oltre che rispondere ad un’esigenza tecnica di semplificazione e chiarezza dello stesso,  risponderebbe anche alla esigenza di rapportare il prelievo fiscale, non solo al reddito familiare, considerato asetticamente, ma anche alle effettive necessità dello stesso nucleo, in dipendenza del numero complessivo dei suoi componenti, questo in ossequio ad un acquisito principio di solidarietà sociale, che dovrebbe animare tutte le società evolute e modernamente organizzate.

Lo sgravio fiscale che ne deriverebbe per i  nuclei familiare favorirebbe, in tal modo, la costituzione degli stessi e la crescita del loro numero, invertendo l’attuale andamento demografico decrescente, causato da una inadeguata politica di sostegno familiare fin qui perseguita.

L’imposta di cui innanzi dovrebbe essere onnicomprensiva, quindi incompatibile con qualsiasi altra imposta (comunale, provinciale o regionale) onde evitare, oltre alla perdita di  chiarezza e certezza del quadro fiscale, causa di conseguente perdita di fiducia da parte del contribuente, possibili sperequazioni fiscali tra  cittadini residenti in diverse regioni della stessa nazione, o addirittura in diverse città della stessa regione.

A questi Enti periferici (Comuni, Province, Regioni) andrebbero riconosciute solo ed esclusivamente tasse per la copertura di spese relative a servizi realmente erogati alla cittadinanza, come la raccolta dei rifiuti solidi urbani, l’illuminazione pubblica e la manutenzione della rete stradale cittadina e delle reti di raccolta di acque reflue e meteoriche, se gestite direttamente o indirettamente dai Comuni.

Accanto ad un regime di tassazione ordinaria del tipo accennato, penso che andrebbe studiata una mirata politica fiscale a salvaguardia e difesa dei piccoli centri montani, per evitare il loro definitivo spopolamento ed invertire, possibilmente, il processo di urbanesimo  registrato nella seconda metà del secolo scorso, introducendo per gli abitanti di questi centri un appropriato sgravio fiscale, di pertinenza statale, oltre ad assicurare l’erogazione di tutti i servizi base, essenziali per la loro civile vivibilità.

  Amaro

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