Quasi quotidianamente sulle sponde meridionali italiane approdano barconi di migranti, lasciando una scia di morte sulla superficie del mare nostrum a causa dei naufraghi che colano a picco nelle sue acque, quando non si traducono in vere e proprie ecatombi come quella avvenuta giovedì 3 ottobre 2013.
L’ennesimo barcone che, stracarico di quasi 500 africani, provenienti prevalentemente dalla regione del corno d’Africa, è colato a picco davanti alle coste di Lampedusa, trascinando a fondo oltre 300 persone, prevalentemente giovani, molte delle quali donne e bambini.
Il tragico naufragio, da cui sono stati salvati appena 155 migranti, è addebitabile ad un incendio scoppiato a bordo del natante, proveniente dalle coste della Libia.
Sarebbe scontato attribuire la responsabilità diretta dell’accaduto agli scafisti che lucrano sul traghettamento illegale, da una sponda all’altra del Mediterraneo, di folle migranti che fuggono spesso da aree povere e degradate, governate per lo più da regimi autoritari e corrotti, se non addirittura da scenari di guerra interetnica e/o interreligiosa.
Limitarsi a considerare le colpe dirette di questi accadimenti che continuamente si ripetono nel mare nostrum, divenuto oramai la fossa comune di tanti derelitti umani, sarebbe riduttivo ed inconcludente se non si esaminassero ed affrontassero, prioritariamente, le cause indirette che determinano queste migrazioni di massa in direzione sud > nord, che chiamano in causa, in primo luogo, la responsabilità politica dell’Unione Europea, costituita prevalentemente da paesi ex colonizzatori del territorio africano, ed a seguire, quella dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, che oltre a liberalizzare il movimento delle merci, a livello mondiale, avrebbe dovuto liberalizzare anche il movimento delle persone, diritto inalienabile dell’uomo, che non può essere rinchiuso nell’ambito dei confini nazionali di origine.
Ci vuole, quindi, un sussulto di umanità e di saggezza politica per dare definitiva risposta al problema dell’emigrazione di massa, curandone non gli effetti ma le cause che spingono all’emigrazione dai paesi d’origine.
Premesso che sarebbe auspicabile un provvedimento dell’ONU inteso a liberalizzare gli spostamenti umani su tutto il globo terrestre, se accompagnati da documenti di riconoscimento di valenza internazionale, più relativi permessi di soggiorno temporaneo nel paese di destinazione commisurati alle personali riserve finanziarie, per garantire l’autosufficienza economica relativa al periodo di permanenza nel paese d’arrivo, nel merito, le indicazioni suggeribili in ordine di priorità, anche se non di fattibilità, sono le seguenti:
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dal momento che l’obiettivo prevalente delle migrazioni in direzione Sud > Nord è costituito dall’Europa, per bloccare quella che ormai è divenuta un’invasione pacifica, e tuttavia non più sostenibile del nostro continente, all’UE non resta che invertire il flusso migratorio, portando gli europei in Africa, per promuovere e stabilizzare economicamente, socialmente e politicamente i suoi paesi, ieri oggetto di colonizzazione da parte dei paesi europei.
Questo è possibile attraverso la costituzione del Comitato Europeo per lo Sviluppo dell’Africa (CESA), sostenuto da un massiccio impegno finanziario che ogni paese europeo dovrà accollarsi, da fissare possibilmente in percentuale fissa del proprio PIL nazionale (Es. 1% PIL), da investire direttamente, in opere pubbliche, servizi e riorganizzazione amministrativa e sociale, in uno o più paesi ex coloniali, presi in carico con un contratto di cooperazione e/o partenariato, siglato sotto l’egida ed il controllo del suddetto CESA.
Solo promuovendo lo sviluppo socio-economico e democratico di detti paesi, attraverso l'instaurazione di un rapporto biunivoco privilegiato con i paesi partners per lo scambio reciproco di merci, servizi ed eventuale mano d’opera, nonché per eventuali delocalizzazioni industriali e manifatturiere mirate, si può arrivare alla stabilizzazione demografica del continente africano (sul tipo, insomma, dell'operazione ALBA eseguita in Albania nel 1997) ed inoltre controllarne e frenarne l’impennata demografica prevista per il prossimo futuro;
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nell’impossibilità di poter mettere in opera le soluzioni di cui innanzi, si potrebbe ripiegare su un provvedimento nazionale col quale istituire regolari servizi di trasporto passeggeri e merci, via mare, con cadenza almeno settimanale, sulle rotte di maggior flusso migratorio (es. Libia – Tunisia – Egitto) per consentire un traghettamento sicuro dei migranti, dall’Africa all’Italia, a condizione che questi siano forniti di regolare biglietto di viaggio, nonché di permesso di soggiorno temporaneo sul territorio italiano, commisurato alle scorte finanziarie personali, rilasciato dai Consolati italiani dei paesi di provenienza o rivieraschi del mar Mediterraneo. Questa operazione, oltre ad evitare il ripetersi di intollerabili sciagure umane, assicurerebbe al nostro paese introiti finanziari, per biglietti di viaggio e consumi sul territorio, corrispondenti a non meno di 300 milioni di euro all’anno, che attualmente i migranti depositano nelle mani degli scafisti, stando alla previsione numerica dei migranti che quest'anno (2017) approderanno sulle coste italiane (Vedere istogramma seguente).
Queste soluzioni sono utopistiche? Forse ad oggi, ma nel prossimo futuro s’imporranno assolutamente se si vuol fronteggiare adeguatamente l’invasione umana dell’Europa, proveniente dall’altra sponda del mediterraneo e non solo, senza perdere la dignità di appartenere al genere umano.
Amaro
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